Siamo ad Abeto, nel cuore della Valnerina. Un tempo molto lontano era un castello fortificato. Il suo nome deriva, molto probabilmente, dall'abete bianco presente nell'antichità in queste zone. Fino alla metà del XIII secolo, fu dipendente dall'Abbazia di S.Eutizio. Il borgo si trova a 976 metri di quota, al confine del parco dei Monti Sibillini. Dista 11 chilometri da Norcia e 8 dal comune di Preci. É una delle più belle frazioni della Valle castoriana, alla sinistra della Valnerina. La piazza è come un gran balcone sulla valle. Qui si affaccia la chiesa medievale dedicata al santo più popolare dell'alto medioevo: san Martino. É tipicamente neoc1assica e accoglie al suo interno una tempera su tavola raffigurante la Madonna della neve, opera del fiorentino Nero di Bicci.
La pietra delle case e delle botteghe racconta la vita, la leggerezza dell'aria, la speciale qualità della luce, simile alla prospettiva di un quadro, con le strade in pendenza e la veduta ampia e segreta di cose vicine o lontane.
Forse più vicine che lontane, prossime agli orizzonti vivaci, briosi che trovano il loro simbolo nell'acqua delle fontane.
Qui il visitatore, devoto alla bellezza, rallenta la sua marcia per penetrare all'interno e cogliere il decoro che si riflette nel paesaggio.
Ma davvero è ancora tutto come molti secoli fa? Proprio tutto no, ma l'antico volto di questa terra si può cogliere nella pietra antica delle case del centro, mentre in periferia la rivoluzione pacifica ma inesorabile del cemento ha trasformato l'aspetto del paesaggio.
Anche in campagna, come era logico, l'agricoltura si è meccanizzata, ma l'uomo cesella ancora le risorse della terra come gli ha insegnato il nonno.
Ed è così che la somma di fatiche secolari e d'ingegno ancora strappa anche al pendio più scosceso la sua inconfondibile forma, con gli alberi d'olivo e il rimboschimento.
Andrea Pavesi racconta che Abeto fu fondato, per ragioni di difesa, su uno sperone di roccia calcarea rialzato rispetto al fianco della montagna digradante dalla sommità di Monte Saino; la scelta fu determinata, oltre che alla posizione favorevole alla fortificazione, dalla presenza di una sorgente vicina, che oggi si chiama fonte di S.Antonio.
Sulla roccia vegetava un boschetto d'abete bianco (Abies alba Miller), probabilmente relitto di una popolazione più ricca e rimasto isolato dai tempi preistorici in cui il clima era più fresco dell'attuale, all'interno di un bosco di faggio che si andava ritirando a quote più elevate per l'evolversi del clima più caldo.
É per questo motivo che la rocca fortificata sorse sullo sperone di roccia, fornita di un ponte levatoio.
Fu chiamata "Castel di Abete" e assunse nel proprio stemma l'emblema di quest'albero. Non è certo l'unico, perché Abeto è circondato da boschi cedui di latifoglie, tra le quali prevalgono il cerro, la roverella, il carpino nero, il frassino, gli aceri, il nocciolo.
Purtroppo, questo splendido albero (che raggiunge anche i 40 metri d'altezza) non è più presente nella zona: l'attivitá umana, sommandosi all'evolversi del clima verso temperature medie più elevate, lo ha estinto da secoli.
Ora gli esemplari spontanei più vicini sono nelle faggete del versante orientale dei Monti della Laga. Oltre i 1.100 metri, il bosco misto è sostituito da faggete cedue. Dove è assente, si estendono ampie praterie di ginepri che, in primavera, esibiscono straordinarie fioriture di garofani spontanei, di poligale, di timo e d'orchidacee.
Ci sono anche decine e decine di specie differenti che creano un mosaico di colori vivaci.
Nei secoli passati, Abeto ospitò più di 400 persone.
Lo storico dice che nacque, come la maggior parte dei paesi di montagna, verso il X secolo a seguito delle calamità dovute alle scorrerie di bande armate.
Mutate le condizioni storiche, Abeto si estese attorno alla primitiva rocca (che occupava la posizione su cui oggi si eleva la chiesa Parrocchiale di S.Martino).
L'incremento demografico portò all'edificazione d'abitazioni, soprattutto sotto l'antica rocca, anche oltre, e più in basso, delle attuali costruzioni di via S.Maria.
Dopo i terremoti più rovinosi, come quelli del 1328 e del 1703, alcune abitazioni della parte più bassa non furono più ricostruite.
Partendo da questo dato, alcuni storici sono convinti che Abeto fosse "costruito più in basso".
a seguito dei sismi, gli abitanti presero ad emigrare e lo fecero per molte generazioni. Meta preferita era la Toscana. Qui esercitarono prevalentemente la funzione d'addetti alla dogana. L'emigrazione era per lo più a carattere stagionale. Durante i mesi invernali si dedicavano alla tradizionale macellazione della carne suina, ed era a Firenze che portavano "il loro mestiere".
I "norcini", oltre ad essere esperti nella lavorazione delle carni, compivano spesso anche operazioni di bassa chirurgia sui pazienti, sostituendosi ai medici cerusici.
Ad essi si rivolgevano i ceti più poveri che non potevano affrontare le spese di un intervento ad opera di un medico specializzato.
Questa attività, praticata per secoli, ebbe un peso considerevole nell'economia del paese, tanto da lasciare una profonda impronta che si osserva nelle opere d'arte che abbelliscono le chiese.
Anche nelle usanze e nel dialetto che, pur rimanendo molto umbro, si è arricchito di numerosi toscanismi.
É nato ad Abeto Lino Procacci, famoso regista, il quale d'estate vi ha fatto sempre ritorno, perché
"cancellava la grigia patina che s'imprime generalmente sui volti di chi vive nelle metropoli."Certo, anche in montagna adesso i costumi sono mutati e diverse culture iniziano a scomparire. I borghi d'altura si spopolano, i giovani se ne vanno a cercare fortuna altrove. Anche ad Abeto l'agricoltura e la pastorizia sono ridotte al lumicino. Ed ogni volta che arriva un bebè è una festa collettiva, il giornalino on-line della Pro-Loco dà risalto al lieto evento.
Diversa gente sale fin quassù, perché questa bella frazione è anche ricca di testimonianze archeologiche.
Nel vicino centro di Fiano di Abeto, dove oggi sorge la chiesa di S.Michele Arcangelo, c'era un tempio, probabilmente d'età romana, dedicato a Giove.
A poca distanza, un allineamento di grotte artificiali, scavate in epoca romana e utilizzate per sepolture.
Nella vicina Forca d'Ancarano, vi sono i resti di un'importante necropoli del IV - III secolo a.C. Nella letteratura paleoetnologica è noto anche il giacimento preistorico di Abeto, costituito da un affioramento di selce utilizzato nei tempi preistorici come "officina litica".
Sono affiorati oltre 400 esemplari di strumenti in pietra attualmente esposti al Museo Preistorico "Bellucci" di Perugia.
Scrive alla Pro Loco un anonimo visitatore:
"Grazie per avermi fatto rivivere i vostri luoghi, è entusiasmante che ci sia qualcuno che cerca di tenere in vita con tanto entusiasmo una zona che quando visitai dopo il terremoto del 1979 era completamente sconvolta e sotto l'aspetto del tessuto sociale sembrava che non potesse più avere speranza di ripresa.
Mi ricordo come era la strada per Montebufo. Anche Preci era così decadente. Poi ho continuato a frequentare la zona per anni e ho visto che rinasceva."
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