martedì 26 marzo 2013

La pala di Jacopo Siculo senza pace

L'arte fa polemica, il dibattito si arroventa, le posizioni divergono. In mezzo un capolavoro della pittura cinquecentesca, la pala d'altare di Jacopo Siculo, pittore grande per modi compositivi, colore, potenza espressiva.

Un figlio del secolo d'oro. Dove metterla, ecco il punto dolente. Dove sta, nell'ex chiesa di san Francesco divenuta auditorium comunale sta bene a moltissimi, ad altri l'idea non va a genio e si spinge per trasportarla nella basilica di San Benedetto. Questione di centinaia di metri, in mezzo una piazza che è un gioiello. Ma non è questione da poco, perché ci sono motivi d'ordine conservativo, filologico, estetico.

Si sostiene: adesso si legge bene, benissimo, è inserita alla perfezione per esaltare un locale spoglio e ravvivato impetuosamente da quella stupenda macchina pittorica, se spostata si rovinerebbe per il traffico dei visitatori come accade per altri dipinti. L'opposta schiera, in testa il sindaco: San Benedetto, ambiente prezioso, conosciuto dal mondo, merita un tale sigillo.

Sull'altare maggiore rimase per 350 anni. Poi l'odissea incredibile. Con l'Unità il convento diventa ospedale. C'à la celebre mostra di arte antica del 1907 a Perugia. Come si fa a rinunciare a un simile dipinto? Infatti si scompone la cornice e le tavolette e ci si accorge che le dimensioni (metri 4.48 per 2.62) sono impossibili per gli spazi espositivi. Tutto resta abbandonato sul pavimento. Il Soffitto rischia di crollare, il materiale pittorico viene portato a San Benedetto dove riposa per anni a terra e il restauro è così brutto che il Soprintendente di allora minaccia il sequestro. Nel 1926 senza permessi e cautele la tavola è nella Cappella del palazzo comunale. Non passa per la finestra? Viene demolito il parapetto e il Comune perde il contributo ministeriale per la sua avventatezza. Nel `52 scoppia un incendio nel teatro civico e nella notte l'opera viene messa in cattedrale. Il Soprintendente si oppone. Dopo il sisma del'79, la pala finalmente parte per il restauro. La Coobec nell'84 la cura splendidamente, riunisce predella e cornice, risalta la bellezza. Ma in attesa di una decisione è lasciata per 25 anni nel laboratorio spoletino. Nel 2005 l'associazione "Una mostra, un restauro" finanzia e organizza il ritorno a casa. Si sceglie il San Francesco dopo studi attenti. Ma si forma un partito per la destinazione benedettina, anche se l'abside è piccola, sarebbe alterata, lesene sparite, nascosta un'apertura. La parola al Soprintendente De Chirico. Avrà pace Jacopo Siculo?

La Nazione Martedì 26 Marzo 2013

Nessun commento:

Posta un commento